Licenziamenti 2018 cosa è cambiato con il Jobs Act?
Dopo una lunghissima trattativa la nuova riforma del Lavoro è stata approvata in via definitiva grazie ai decreti attuativi Jobs Act che hanno decretato la modifica e l’abolizione delll’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori per i nuovi assunti a tempo indeterminato a partire dal 7 marzo 2015 in poi, l’abolizione dei cocopro e dei mini cococo e riordino degli ammortizzatori sociali con la nuova CIG per imprese sotto i 5 dipendenti, NASPI diventata misura strutturale come l’assegno di ricollocazione e ASDI.
Riforma articolo 18 jobs Act:
Le novità sulla riforma articolo 18 introdotti dal Jobs ACT al passaggio al Senato riguardano soprattuto i licenziamenti individuali:
- Licenziamenti economici: al lavoratore spetta l’indennizzo ma nessuna possibilità di reintegro
- Licenziamenti discriminatori: diritto alla reintegra.
- Licenziamento disciplinare ingiustificato: al lavoratore spetta solo indennizzo crescente all’anzianità di servizio.
- Termini certi per l’impugnazione del licenziamento.
Saranno poi i decreti delegati a dover recepire le novità e a dettare le modalità e le regole applicative.
Impugnazione licenziamento termini certi:
Secondo l’emendamento del Governo al Jobs ACT, il testo della nuova riforma del lavoro, sono stati introdotti termini certi per l’impugnazione del licenziamento.
Cosa significa questo? Che il termine per impugnare il licenziamento è entro 60 giorni dalla ricezione della notifica di licenziamento, mentre il termine per effettuare l’impuganzione stragiudiziale è entro i successivi 180 giorni, a che il lavoratore, provveda a depositare il ricorso giudiziale contro il licenziamento presso il Tribunale del Lavoro.
Periodo che va calcolato a partire dal giorno in cui è stata effettivamente presentata la domanda di conciliazione licenziamento così come chiarito dalla Cassazione.
Vale la pena ricordare che già nel 2012 la riforma Fornero, era intervenuta sull’argomento introducendo un rito speciale per i licenziamenti avvenuti dopo l’entrata in vigore della legge, prevedendo l’azione giudiziale solo dopo l’impugnazione stragiudiziale del licenziamento in forma scritta entro entro 60 giorni dalla data di comunicazione da parte del datore e l’azione giudiziale intrapresa non oltre il termine di 180 giorni a partire dalla data di impugnazione extragiudiziale e udienza di comparizione delle parti dopo 40 giorni successivi al deposito del ricorso.
Licenziamenti economici nel 2018: no al reintegro del lavoratore
Con la modifica ed abolizione dell’articolo 18 da parte del Jobs Act è esclusa la possibilità per i licenziamenti economici, al reintegro del lavoratore sul posto di lavoro.
Quindi il mancato reintegro del lavoratore è risarcibile solo di un’indennità crescente in base all’anzianità di servizio.
Ricordiamo che i licenziamenti economici, sono quei licenziamenti operati dal datore di lavoro nel settore privato a seguito di una specifica situazione economica di crisi aziendale, mancanza di liquidità o organizzativa dell’azienda.
Per i lavoratori licenziati a causa della crisi economica, secondo la legge Fornero (n. 92/2012), spettava un indennizzo perché la causa del licenziamento era riconducibile all’assenza di giustificato motivo oggettivo.
In questo caso, il lavoratore che riteneva ingiustificato il licenziamento, poteva rivolgersi al Giudice, il quale una volta sentite le motivazioni, poteva decidere di applicare la tutela speciale della reintegrazione del lavoratore sul posto di lavoro.
Ora invece, in base al decreto Jobs act riforma del lavoro per i licenziamenti economici nel 2018, spetta solo l’indennizzo crescente all’anzianità di servizio, fatta eccezione per i casi in cui ricorrano gli estremi del giustificato motivo oggettivo.
Licenziamento giustificato motivo soggettivo:
Si verifica quando il lavoratore commette una grave violazione rispetto alle clausole e agli obblighi previsti dal CCNL, in questo caso spetta il preavviso che nella maggior parte dei casi si traduce nell’equivalente pagamento in busta paga del periodo di preavviso.
Rientrano nell’ambito dei licenziamenti per giustificato motivo soggettivo per esempio se:
- Si lascia il posto di lavoro senza motivo.
- Si minaccia un collega, datore di lavoro o si è causa di una rissa sul posto di lavoro.
- Vi sono continue violazioni del codice disciplinare dell’azienda tali da portare al licenziamento immediato.
Fino adesso per questi tipi di licenziamenti, il lavoratore che riteneva illegittimo il licenziamento, poteva rivolgersi al Giudice che una volta sentite le parti, poteva decidere il reintegro in caso di insussistenza delle motivazione alla base del licenziamento. A tale disposizione, la legge Fornero aveva poi disposto solo una modifica, ossia quella che ha previsto che in caso di licenziamento per giusta causa giudicato illegittimo dal Giudice, il datore di lavoro venga condannato al solo pagamento di un’indennità.
Licenziamenti per giusta causa 2018 con il jobs act, un’ulteriore stretta circa il diritto alla reintegrazione esclusivamente a “specifiche fattispecie di licenziamento disciplinare ingiustificato” riducendo così la discrezionalità dei giudici.
Per maggiori approfondimenti vedi: Indennità di licenziamento per giusta causa.
Licenziamenti individuali disciplinari per giusta causa 2018:
I licenziamenti individuali disciplinari per giusta causa o giustificato motivo soggettivo, sono operati dai datori di lavoro nei confronti di lavoratori rei di aver avuto un comportamento che ha leso l’integrità dell’azienda o che incrinato il rapporto di fiducia tale non consentire la prosecuzione del contratto di lavoro. Nello specifico parliamo di
Licenziamento per giusta causa quando i motivi che hanno portato l’azienda a licenziare il proprio dipendente, rientrano in quelli elencati dall’art. 2119 del codice civile, articolo che individua quali sono questi comportamenti gravi per cui il lavoratore può perdere il posto di lavoro e causare il suo licenziamento anche senza preavviso. Tali gravi comportamenti sono per esempio:
- Insubordinazione, ossia, il rifiuto del lavoratore di eseguire un’attività lavorativa prevista dal CCNL.
- Il rifiuto del lavoratore a tornare a lavoro, se la visita fiscale ha constatato l’insussistenza della malattia.
- Se il lavoratore durante la malattia ha prestato un’altra attività lavorativa presso un’altra azienda.
- Se durante l’orario di lavoro si rubano beni aziendali.
- Se al di fuori del lavoro, il lavoratore ha una condotta penalmente rilevante tale da far venire meno il rapporto di fiducia con l’azienda.
Per questo tipo di licenziamento spetta comunque l’indennità Inps di disoccupazione.
Licenziamenti discriminatori 2018: si al reintegro e al risarcimento
Cosa cambia per i licenziamenti discriminatori? Per il licenziamento avvenuto a causa di motivazioni legate alla razza, sesso, lingua, salute, o nulli ossia quelli operati durante il congedo matrimoniale, maternità e di paternità, la disciplina non viene modificata. Per cui è mantenuto integralmente l’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori per tutte le aziende, a prescindere dal numero di dipendenti e dalle dimensioni aziendali.
Il Giudice, per tali ipotesi, potrà continuare a disporre il reintegro e risarcimento del danno, ovvero, pagamento delle retribuzione spettante nel periodo di licenziamento.