La vicenda della ex Ilva, con l’annuncia d’una più che possibile decisione di Arcelor Mittal di mandare all’aria l’accordo con il governo e di riturarsi dalla gestione dell’azienda siderurgica, è la radiografia d’un esecutivo in stato confusionale. I grillini vanno avanti sulla loro vecchia politica ostile alla siderurgia e favorevole alla ipotetica e velleitaria “decrescita felice”; il Pd si rimangia le sue scelte politiche e le sue vecchie decisioni; Matteo Renzi propone, non si sa bene come, l’ingresso d’un nuovo soggetto che potrebbe, non si è ancora capito bene come, prendere in gestione il gruppo siderurgico; infine c’è la confusione del presidente del consiglio Giuseppe Conte che, essendo pugliese, gioca in casa e cerca di dare un colpo al cerchio e un colpo alla botte.
Non è chiara – per essere corretti sino in fondo – la posizione e la strategia di Arcelor Mittal, forse pentita, vista la crisi mondiale del settore, dell’acquisizione dell’impresa siderurgica italiana, la maggiore d’Europa. E che avrebbe sfruttato la decisione governativa di tagliare le garanzie penali per la dirigenza nella gestione delle operazioni di bonifica territoriale e produttiva per cogliere al volo le possibilità di uscire dall’accordo dell’anno scorso. Tutti possono avere la cosiddetta “volpe sotto l’ascella” ma è evidente che i partiti di governo stanno andando verso una clamorosa “facciata” che può mettere al rischio 10 – 12 mila posti di lavoro diretti e altrettanti come espressione collaterale tra Taranto, Genova e Novi Ligure.
I partiti di governo, è giusto ribadire il giudizio pesante, hanno dimostrato una assoluta mancanza di professionalità e di capacità di valutare situazioni internazionali assai complesse. Il rifugio moralistico, sia detto con la massima schiettezza, non serva a nulla. In particolare emerge la pasticciata situazione del Pd (ma anche dei renziani) che per non fare il governo si adegua alle posizioni talvolta apodittiche ma anche irrazionali del M5s. In questa chiave sono condivisibili le durissime critiche mosse nei confronti del suo ex partiti da parte dell’ex ministro Calenda che pure, ai suoi tempi, era riuscito a mettere a punto la quadra di un difficile accordo con il massimo pragmatismo. E’ curioso infatti – e qui il Pd in particolare dovrebbe compiere una profonda riflessione – di come la Confindustria e il segretario generale della Cgil Landini sulla vicenda ex Ilva siano perfettamente d’accordo.
Il governo e i partiti che lo sostengono hanno ora dichiaratamente critici i sindacati e al tempo stesso hanno l’ostilità delle categorie produttive, oltre che l’ira dell’opinione pubblica. Considerato l’effetto indiretto del ruolo dell’industria siderurgica su tutto il sistema produttivo, c’è una sollevazione da parte dell’opinione pubblica. E quindi un calo della popolarità dell’esecutivo. Un affannato premier Conte domani dovrà affrontare l’incontro con i vertici di Arcelor Mittal e cercare di trovare una ardua mediazione che forse potrebbe anche trovare un esito positivo se il governo riuscirà a fare marcia indietro. Ma i grillini non sembrano così disposti a fare marcia indietro e il Pd appare sottomesso e confuso. Teme il voto in caso di crisi, considerato che Renzi è un’incognita che si muove in un clima di assoluta disinvoltura e che attende solo che le elezioni gli offrano un quoziente accettabile?
Il problema cruciale riguarda i posti di lavoro e il ruolo strategico dell’industria siderurgica in Italia. Ma alle spalle c’è la questione squisitamente politiche e le strategie che possono nascere da eventuali elezioni politiche che sembrano quasi certe dopo che si sarà fatto un ragionamento sull’esito delle urne nelle regioni e nei maggiori comuni. Ma le coalizioni politiche e i partiti non sono mai apparsi tanto fragili e anche tanto impreparati sul piano amministrativo come in questi giorni.