Se la disoccupazione giovanile – circa il 35% (!) dei ragazzi è disoccupato — è 3 volte quella senior, significa che il peso di anni politica dissennata cade soprattutto sui giovani e un Paese così va ripensato da cima a fondo.
Sarebbe dunque questa la colpa che dobbiamo scontare? Quella di nascere con un debito pubblico che ci tormenta in partenza?
I giovani nascono con questo debito pubblico: se lo trovano già sulle spalle, non se lo sono voluto. E questo debito vincola le loro possibilità. Inoltre, l’investimento nel settore della ricerca e dello sviluppo è molto maggiore negli altri Paesi rispetto all’Italia: significa che diamo meno opportunità ai nostri giovani. E ancora, il welfare che aiuta a metterti in gioco presto e a non dipendere dai tuoi genitori da noi non c’è, questi strumenti non ci sono.
Una verità che chissà quanti di voi potete testimoniare, no? I giovani non possono stare fermi e aspettare… aspettare che cosa? Che le cose cambiano? Vogliamo dire ai giovani che i nostri nonni alla fine della guerra erano ragazzi e l’Italia era entrata in guerra essendo un paese agricolo, povero, ed è uscita completamente distrutto. C’era il vuoto davanti a noi. In dieci, 12 anni è riuscita a entrare nelle prime 10 nazioni industrializzate del mondo. E cosa scrissero? Che era stato un “miracolo economico”. No erano stati gli uomini”.