Con la sentenza n. 7 del 9 maggio 2013 l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato ha riconosciuto il risarcimento in favore di alcuni ferrovieri del trasporto pubblico locale che non avevano usufruito, per un periodo di tempo considerevole, del giorno settimanale di riposo.
Costoro erano stati pagati per il lavoro prestato nel giorno che teoricamente avrebbe dovuto essere dedicato al riposo, ma il supremo consesso di giustizia amministrativa ha chiarito che a costoro va comunque riconosciuto il danno derivante dal pregiudizio fisio-psichico per non aver mai interrotto l’attività lavorativa, e che il relativo risarcimento ha natura indennitaria e non retributiva, potendo perciò ben cumularsi con la retribuzione ricevuta.
A carico del datore di lavoro che ha approfittato della prestazione dei ferrovieri anche nel giorno del riposo si configura un inadempimento contrattuale, dal momento che, come sottolinea la giurisprudenza stessa, il riposo settimanale è un diritto irrinunciabile per il lavoratore, che consente allo stesso di recuperare le energie spese per eseguire la prestazione lavorativa.
Non è necessario provare il danno in concreto subìto per il mancato riposo, e il giudice può basarsi su regole di esperienza e su presunzioni, per ritenere provato il fatto-conseguenza del pregiudizio lamentato.
Invero, si esclude che il danno abbia natura biologica, laddove non vi sia una lesione accertabile con perizia medico-legale. L’usura psico-fisica dei lavoratori si desume, come anzidetto, da regole di esperienza e considerando che il mancato relax impedisce il diritto dell’individuo di realizzare la propria personalità in tutte quelle attività, anche non lavorative, che afferiscono alla vita normale.
Quanto alla prescrizione, poiché trattasi di responsabilità contrattuale e non aquiliana, il termine è quello ordinario decennale e non quello breve di cinque anni.