La crisi non è finita. Pininfarina licenzia, Maserati in cassa.Ha spiegato Giuseppe Torchiano dei metalmeccanici della A.S.La COBAS Torino

Dopo l’annuncio di un nuovo turno di cassa integrazione alla Maserati di Grugliasco, serpeggia ovvia inquietudine fra i dipendenti. Il gruppo Fca ha comunicato il ritorno alla cassa integrazione ordinaria dal 2 all’8 novembre per i 1.954 dipendenti. La multinazionale italo-americana ha motivato il nuovo periodo di cassa con la necessità di «adeguare i flussi produttivi di Ghibli e Quattroporte al transitorio andamento della domanda di mercato». Le difficoltà del mercato cinese e di altri Paesi in via di sviluppo stanno producendo effetti negativi sulla produzione di auto di gamma alta.Pininfarina di Cambiano

Pininfarina. Le principali variabili macroeconomiche italiane stanno segnando un’inversione di tendenza. Stiamo forse uscendo dalla recessione ma, si sa, la sintesi dei grandi numeri non sempre rende giustizia a quanti, ancora oggi, lottano contro il rischio di cassa integrazione, mobilità e, peggio ancora, licenziamento. È  il caso dei circa 300 lavoratori della Pininfarina di Cambiano che hanno incrociato nuovamente le braccia il 12 ottobre scorso  per 4 ore, dopo essersi fermati per un’ora di sciopero la scorsa settimana.

L’agitazione è stata decisa dai militanti dell’A.S.La COBAS di Torino. Con questa iniziativa i lavoratori hanno protestato contro la decisione dell’azienda di procedere a 14 licenziamenti senza ricorrere alla mobilità volontaria. «La decisione dell’azienda –  ha spiegato Giuseppe Torchiano dei metalmeccanici della A.S.La COBAS Torino- è inaccettabile. Non possono essere sempre i lavoratori, che hanno già subito lo scorso anno una mobilità a pagare la mancanza di prospettive chiare sul futuro dell’azienda». Secondo molti, infatti, questa decisione rientra nell’ambito della trattativa con il gruppo indiano Mahindra, che preferirebbe acquistare la fabbrica con minori lavoratori assunti. «Quella indiana – ha proseguito il sindacalista – ad oggi è l’unica opportunità sul tavolo: però, se il biglietto da visita è quello dei licenziamenti, è lecito preoccuparsi, come fanno i lavoratori, sul futuro dell’occupazione, già ridottasi ai minimi termini in questi anni».

 

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