Continua il balletto fra governo e vertici sindacali sui lavori usuranti. La normativa riconosce l’uscita anticipata, ma l’elenco dei lavoratori che svolgono questi lavori e che deve essere tutelato non è ancora definito e i fondi da utilizzare sono sempre meno, a causa della politica di austerità. La questione dei lavori usuranti è una delle tante dimostrazione di come la borghesia se ne frega della salute delle lavoratrici e dei lavoratori. Le norme sono nate male e sono rimaste sostanzialmente inapplicate, finite nel calderone parlamentare tra rinvii, elezioni, pareri mancanti, termini scaduti, et. Solo nel 2011 sono stati fissati i criteri indispensabili per usufruire delle risorse di un Fondo utilizzato in minima parte. Chi svolge attività usuranti non avrà comunque vita facile per accedere alla pensione anticipata: solo se ha iniziato a lavorare da giovane, raggiungerà prima il requisito di anzianità contributiva prevista per i lavoratori precoci (41-42 anni), rispetto all’età pensionabile (62 anni e mezzo) richiesta ad hoc dalla Fornero per chi ha svolto tali attività. Le categorie, ampiamente sottostimate, dei lavori usuranti, in realtà, ci sono dal 2007 e sono quattro: quella che riguarda le mansioni più gravose ed esposte a rischi come i lavoratori delle cave, delle miniere, i palombari e altro; i lavoratori notturni definiti in base a intervalli orari ben precisi; gli addetti alla catena di montaggio e i conducenti di mezzi pubblici da nove posti in su. Mentre un nuovo disegno di legge è approdato un mese fa alla Camera per includere gli edili e chi vive in equilibrio sulle impalcature (sono le prime vittime sul lavoro), nel 2016 un’ulteriore stretta ha ancora più irrigidito i requisiti sugli usuranti, già particolarmente cavillosi. Infatti ogni categoria ha i suoi requisiti, modificati nel 2012. Resi così vincolanti, però, da aver creato un imbuto strettissimo che ha escluso il grosso delle pratiche inoltrate dai patronati. Su 11.124 risultano accolte 3 mila e respinte più di 8 mila. La conseguenza è stata che dal fondo predisposto per le coperture, non sono stati pagati 1,5 miliardi di euro stanziati dal 2009 al 2013. L’obiettivo di tutte queste manovre, nonchè lo scopo di fondo dei tagli sulle pensioni, è arrivare alla privatizzazione del sistema pensionistico pubblico, affidando sempre di più la pensione al sistema bancario, assicurativo e finanziario, mentre le burocrazie sindacali e sono sempre più coinvolte nei fondi pensionistici integrativi. Diciamo NO ad accordi che puzzano di scambio prereferendum e ripartiamo con la lotta per il riconoscimento di tutti i lavori usuranti!
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