Niente ossigeno per i contribuenti italiani. La firme in calce alla cattiva notizia, di fatto, l’ha apposta il ministro dello Sviluppo economico, Flavio Zanonato, all’assemblea di Confcommercio di mercoledì: “Nessuna promessa sull’Iva“. Che tradotto dal politichese, anche se traduzione non serve, significa che l’imposta aumenterà. L’appuntamento con la stangata è tra poco più di un mese. Per inciso, l’annuncio di Zanonato è stato accolto da una selva di fischi. Pd e Pdl, da par loro, continuano a spronare l’esecutivo: “Trovate le coperture e scongiurate l’auemento”. L’appello, però, è destinato a cadere nel vuoto.
Service tax – E a tassa si aggiunge tassa. L’ulteriore brutta sorpresa è nascosta nel cosiddetto “decreto del fare” (il copyright è del premierEnrico Letta), dove l’unica novità è un’ulteriore gabella. Nel testo a costo zero che sta prendendo forma e che potrebbe essere esaminato già nel fine settimana potrebbe far capolino la service tax, una gabella che fonde Imu e Tares in un nuovo “mostro”. Il rischio per i contribuenti è che il conto complessivo non diminuisca rispetto alle due tasse separate, ma anzi aumenti. L’imposta su case e servizi su cui ragiona l’esecutivo, infatti, potrà essere rimodulata nella sua proigressività cercando di alleggerire il peso sulle fasce deboli, ma dovrebbe portare nelle casse dello Stato lo stesso gettito di Imu e Tares scorporate. Complessivamente, la nuova tassa potrebbe tradursi in una devastante mazzata da circa 32 miliardi.
Aumento Iva – Ma torniamo al punto di partenza, all’aumento dell’Iva che non è più uno spettro ma una certezza quasi ineluttabile. Il governo Letta dimostra di non aver imparato la lezione. Il primo aumento dell’Imposta sul valore aggiunto risale all’estate del 2011, quando l’esecutivo la porto dal 20 al 21 per cento. Il risultato? Negativo. Per la Ragioneria generale dello Stato la mossa avrebbe dovuto far crescere gli incassi di 4 miliardi di euro, ma invece gli incassi sono scesi da 100 miliardi e 387 milioni a 99 miliardi e 337 milioni. Per inciso, nei soli tre mesi iniziali del 2013 gli incassi dell’Iva sugli scambi interni sono scesi di ulteriori 882 milioni rispetto al primo trimestre dell’anno precedente. L’esecutivo, però, non guarda questi dati. Aumenterà l’Iva, condirà la gabella con la stangata della service tax e condannerà il Paese a un’ulteriore contrazione dei consumi.