Da quando la parola casta è entrata nel nostro vocabolario quotidiano non si fa altro che parlare dei suoi privilegi e ci si avventa su ogni notizia che mostri gli sprechi dei politici. Secondo alcuni è diventata un’ossessione eccessiva, ma non è questo il problema, perché se ad esempio hai una madre, operata da poco, che va a fare la spesa a piedi è giusto irritarsi per una Finocchiaro attorniata da una futile scorta, che l’aiuta nel prendere i prodotti dagli scaffali.
Il punto è casomai che concentrando la propria attenzione solo sulla casta dei politici ci si dimentica di tutte le altre. Riflettendo con un caro amico abbiamo pensato a tutti quei docenti liberi professionisti, ossia coloro che come secondo mestiere insegnano. E non stiamo parlando di supplenze, ma di insegnanti di ruolo. Quanti ce ne sono? Ed a quanti di questi serve davvero un secondo stipendio? Quali sono le grandi competenze che derivano dal loro primo lavoro?
Il mio caro amico è incappato in due di questi soggetti: il primo gli insegnava disegno tecnico, arrivato in classe assegnava un progetto da fare, poi metteva sulla cattedra tutti i suoi fogli di lavoro ed incominciava a fare telefonate, in pratica l’aula era il suo studio e gli studenti quasi dei bimbi a cui assegnare un compito per farli stare buoni.
Il secondo caso è un avvocato che l’amico in questione incontra spesso per motivi di lavoro in aula, non quella di una scuola ovviamente. Stando sempre a dibattere per varie cause spesso su due ore di lezione arrivava ad un quarto d’ora dalla fine. Quando il mio amico gli ha fatto la fatidica domanda “Ma non arrivi a fine mese facendo solo l’avvocato?” la risposta è stata no, nonostante il soggetto in questione abbia un personale studio.
A scienze della comunicazione, facoltà che frequento, è quasi un obbligo avere docenti liberi professionisti, credo che la logica sia quella della creazione del capitale sociale, il docente è anche un contatto che può aprire le porte del mondo del lavoro. Peccato non sia mai così.
Nel mio caso ho incrociato docenti che lavorano a Milano, dati i lunghi viaggi che sono costretti ad affrontare (non studio a Milano) pretendono la massima puntualità, peccato che un giorno dopo più di un’ora che aspettavamo l’arrivo del docente in aula ci venne comunicato che aveva confuso gli orari, quindi la lezione era annullata. La scusa fu che aveva troppi impegni di lavoro.
Un altro docente, proveniente anche lui da Milano, sta facendo di tutto per farmi sostenere un esame via Skype perché non ha voglia di scendere, peccato che si scordi che se lui deve scendere io devo salire.
I docenti che non sono del posto, frequento l’Università di Urbino, ed hanno un lavoro quasi sempre pretendono di risolvere tutto in un appello, arrivano persino a chiedere a noi studenti di presentarci tutti allo stesso appello, privandoci del diritto di scegliere noi quando sostenere l’esame. Spero sappiano che per legge i docenti devono garantire un dato numero di appelli.
Aggiungete poi che si possa essere anche il più grande professionista della comunicazione ma si è incapaci di insegnare e viceversa. Dietro di loro ci sono tutti i giovani che vorrebbero davvero insegnare, che non hanno nessun lavoro e sono costretti a barcamenarsi prendendo stipendi da miseria, con in più la frustrazione di esercitare un mestiere che è un ripiego instabile.
I docenti liberi professionisti raramente hanno una grande passione nell’insegnamento, inoltre non hanno il tempo materiale per dedicarsi veramente ai propri studenti. E nel mentre il diritto allo studio è sempre meno garantito e la scuola pubblica è martoriata da tagli, noi studenti paghiamo tasse sempre più alte ed infine spesso troviamo docenti dal doppio lavoro, che non hanno la minima voglia di stare lì se non fosse per lo stipendio.
Sia chiaro che esistono anche docenti dal doppio mestiere che sono insegnanti stratosferici ed hanno un valore aggiunto che giustifica la loro assunzione, ma nella maggior parte dei casi non è così. Occorre una vera possibilità valutazione da parte degli studenti, ai quali vengono fatti compilare questionari di valutazione dei docenti che non si sa bene che fine facciano. Andrebbero maggiormente tenuti in considerazione, specie in casi in cui il docente fa due mestieri, perché se non raggiunge livelli d’eccellenza il suo lavoro andrebbe dato a chi ne ha davvero bisogno.