Qualora al lavoratore venga comunicato il trasferimento ad altra sede e questi ritenga che tale decisione, contrariamente a quanto previsto dalla legge, non sia stata dettata da comprovate ragioni tecniche, organizzative e produttive, è possibile impugnare il trasferimento.
L’impugnazione deve avvenire entro 60 giorni dalla data di recezione della comunicazione del datore di lavoro (quindi non decorre dalla eventuale comunicazione del motivi su richiesta del lavoratore stesso) mediante atto scritto idoneo a rendere nota l’intenzione del lavoratore di impugnare il trasferimento
Entro i successivi 180 giorni è necessario che il ricorso venga depositato presso la cancelleria del tribunale oppure che venga inviata alla controparte richiesta di tentativo di conciliazione o arbitrato, pena l’inefficacia dell’impugnazione. Nel caso in cui si scelga di tentare la conciliazione o l’arbitrato e questa proposta sia stata rifiutata oppure la conciliazione non sia andata a buon fine, il ricorso al giudice deve essere depositato entro 60 giorni dal rifiuto o dal mancato accordo. Dopo il deposito del ricorso è comunque possibile produrre nuovi documenti formatisi successivamente.
In caso di ricorso, il giudice deve anzitutto accertare la sussistenza e la non pretestuosità delle ragioni indicate dal datore di lavoro a sostegno della sua decisione. Tuttavia, in virtù di quanto previsto dall’art. 41 della Costituzione, il controllo del giudice non può riguardare il merito della scelta imprenditoriale.
Competente per territorio è il giudice della sede originaria se il lavoratore non si è mai allontanato da questa, oppure il giudice delle sede di destinazione oggetto del trasferimento qualora questo abbia avuto esecuzione almeno parziale.