Nonostante la crisi economica mondiale, FIAT rimane il settimo produttore globale e il limite di 6 milioni di veicoli, indicato dallo stesso Marchionne come soglia di sopravvivenza, è ancora molto lontano, dato che nei primi nove mesi del 2013 il gruppo ha venduto 3,2 milioni di veicoli.
I problemi dello stabilimento di Piedimonte San Germano , negli ultimi anni, sono sempre venuti dal “fronte europeo”, mentre l’americana Chrysler continuava a crescere e a macinare i profitti necessari a salvare la casa madre.
Recentemente Fiat ha aggiornato le stime sui tempi previsti per rilevare la quota del capitale di Chrysler ancora in mano ai sindacati americani che non hanno nessuna intenzione di fare regali all’Italia. Secondo le nuove previsioni di Marchionne, questo dovrebbe avvenire entro il giugno del 2014, ma è certo che Fiat avrebbe voluto trovare un accordo prima con la controparte.
Un accordo verrà molto probabilmente trovato e Torino salirà quasi certamente al 100% di Chrysler, ma con questa mossa non si risolveranno i problemi globali del gruppo torinese e soprattutto per lo stabilimento di Cassino a rischio chiusura..
In primo luogo c’è il mercato europeo che vede una forte contrazione e la quota di Fiat è ormai stabilmente il 7 per cento.
La crisi economica è dura per tutti i costruttori, ma per Fiat l’impatto è stato maggiore, anche perché il mercato italiano è uno di quelli che ha maggiormente sofferto. Nei primi sei mesi dell’anno, mentre il mercato cadeva del 9,5 per cento, le vendite di Fiat Group diminuivano del 14 per cento.
La situazione per gli operai dello stabilimento di Cassino è sempre piu’ complicata. I Lavoratori subiscono ormai da circa 2 anni una durissima cassa integrazione che ha impoverito migliaia di famiglie del territorio.
Fiat rimane dunque abbastanza forte nel mercato americano, meridionale e settentrionale, ma le prospettive rischiano di essere negative nel medio periodo con la crisi brasiliana e con i problemi ai veicoli Chrysler. In Europa, invece, le perdite difficilmente verranno risanate nel breve-medio periodo. Mentre gli unici mercati in crescita, quelli asiatici, non vedono la presenza della casa automobilistica torinese.
E così le nubi all’orizzonte dello stabilimento di Fiat di Cassino rischiano di essere molto cupe.