Il dato a cui ci riferiamo è quello della cassa integrazione, ed il rapporto tra contributi versati dall’azienda e i finanziamenti ricevuti per la sospensione delle attività produttive.
Oggi l’azienda di Torino versa meno contributi rispetto ai soldi erogati a suo favore per finanziare la cassa integrazione. Nel 2012, c’era uno squilibrio di 1,6 miliardi nei conti di Inps per quanto riguarda la Cig, un buco che viene saldato dai soldi dei contribuenti.
Questi soldi finanziano sostanzialmente la strategia di espansione all’estero del gruppo. Il 70% degli utili di Fiat-Chrysler vengono realizzati sul mercato nordamericano, mentre in Italia sono prodotte meno automobili di quelle che la stessa Fiat rivende sul nostro mercato.
Nel 2012 il gruppo Fiat ha venduto in Italia 415 mila auto, il 46% meno rispetto al 2007. Ma ne ha prodotte ancora di meno, solo 394 mila. Significa che persino l’unico grande costruttore italiano di auto è un importatore netto dei suoi stessi prodotti nel proprio paese di origine.
L’Italia non viene più giudicato un posto nel quale produrre auto su vasta scala a condizioni economiche. La Fiat produce dunque in modo limitato piccole automobili per il debole mercato italiano, più le vetture esclusive, come il Suv Maserati, che però occupano un numero molto contenuto di addetti. In questo modo la Cig viene erogata per non riempire di macchine invendute i piazzali di Mirafiori, Melfi e Cassino.
A Melfi la Punto si fa su sola linea, a Pomigliano nonostante i buoni risultati della Panda si ricorre alla Cassa integrazione.
Alla Sevel di Atessa ci sono state venti giornate di cassa nei primi dieci mesi dell’anno. Una situazione che svela un paradosso in questo saldo positivo tra Fiat e lo Stato italiano, per quanto riguarda la cassa integrazione. Continuare la Cig significa per il Lingotto avviare una riduzione degli effettivi grazie all’attrito dei pensionamenti. Non si può imporre a nessuna impresa, aiutata o no, di lavorare in un luogo che non considera competitivo. Ma così le risorse pubbliche italiane trovano un ruolo nella strategia internazionale di Fiat: stavolta, a differenza dagli anni ‘70, non per attrarre produzioni nel paese.
Gennaro Rivieccio (A.S.La COBAS – Metalmeccanici)