Nel mese di febbraio 2014 sono state presentate 126.855 domande di disoccupazione, il 4,7% in meno rispetto alle 133.045 dello scorso anno nel medesimo periodo. L’INPS precisa che si tratta di 85.964 domande di ASPI, 31.595 di mini ASPI, 247 domande tra disoccupazione ordinaria e speciale edile e 9.049 di mobilità.
L’ASPI è una prestazione economica istituita per chi ha perso il lavoro dal 1° gennaio 2013; essa è erogata a favore dei lavoratori dipendenti che abbiano perduto involontariamente la propria occupazione. Perciò l’ASPI spetta a tutti i lavoratori con contratti di lavoro subordinato, compresi gli apprendisti, i soci lavoratori di cooperative con rapporto di lavoro subordinato e i dipendenti a tempo determinato nelle Pubbliche Amministrazioni.
A marzo 2014 sono state autorizzate circa 100,1 milioni di ore di cassa integrazione, con un aumento del 2,1% rispetto al 2013. Tuttavia l’aumento è da imputare alla CIG straordinaria (+ 14,9%) e in deroga (+12,6%) mentre la CIG ordinaria è diminuita (-20%). Il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan punta il dito sull’alta e persistente disoccupazione quale prima causa di recessione e non la speculazione finanziaria come nel caso del differenziale tra i titoli di stato italiani e tedeschi BTP-BUND.
Padoan è preoccupato della bassa inflazione nell’area euro che viene chiamata dagli economisti “lowflation”. Quali problemi crea? Innanzitutto i prezzi non si muovono e i Paesi europei sotto pressione dal debito pubblico non trovano una necessaria competitività, data l’impossibilità di alzare i prezzi a parità di potere d’acquisto dei cittadini. Il ministro dell’Economia italiano vede nell’inflazione al 2% un obiettivo comunitario europeo per ricominciare ad attivare il mercato reale dei beni di consumo. La situazione che si è venuta a creare è peggiore di quella degli anni ’70, dove il nemico era la “stagflazione”, cioè stagnazione del mercato unita all’inflazione galoppante.
Da Renzi a Padoan, passando per Bruxelles, tutti invocano riforme per la crescita occupazionale, la bestia nera della crisi europea. Tuttavia se da un lato si tenta di creare nuovi posti di lavoro e di abbassare i costi per l’assunzione, specialmente dei giovani, nelle aziende, in Italia c’è un problema a monte: la precarizzazione del lavoro. Dal 2003 con l’entrata in vigore della legge Biagi si tentò di rendere più agevole la flessibilità in ingresso nel mercato del lavoro attraverso nuove forme contrattuali. Ciononostante l’uso che i datori di lavoro, privati e pubblici, hanno fatto di questa norma ha creato più precari.
I dati sopra riportati tengono conto in larga misura di dipendenti a tempo determinato e di apprendistato. Se la sicurezza del posto di lavoro ci fosse stata forse una fila nutrita di lavoratori non verserebbe oggi in condizioni di precarietà e disoccupazione. Ovviamente più sono le richieste alla CIG, sia ordinaria sia straordinaria, più alta sarà la possibilità, per chi lavora, di pagare più contributi per finanziare gli enti di assistenza e previdenza, con un conseguente innalzamento della pressione fiscale. La riforma del lavoro passa per due obiettivi: nuovi posti di lavoro e nuove tutele contrattuali a favore dei dipendenti lavoratori.