E’ difficile dubitare della centralità dell’obiettivo lavoro: non è solo il richiamo al primo articolo della nostra costituzione repubblicana, ma dal lavoro dipende anche la dignità degli individui (il “patto sociale”), e in buona misura la crescita economica di un paese. A sua volta il lavoro in una società capitalistica dipende essenzialmente dalla forza contrattuale dei lavoratori, cioè dalla domanda di lavoro rispetto all’offerta. Il resto è beneficenza dei padroni, non proprio una prospettiva allettante.
E le “ricette” attuali per la disoccupazione sembrano pochissimo realistiche (sia quelle proposte dalPd che dal Pdl): riduzione del “cuneo fiscale”, provvedimenti per ridurre le “barriere all’ingresso” dei giovani, meno tasse alle imprese, maggior flessibilità del lavoro ecc. Ma in realtà nessun imprenditore oggi assume, non c’è domanda; se qualche imprenditore ha i soldi, al massimo modernizza l’impresa, cioè automatizza, riducendo ancora di più la domanda di lavoro. O quei soldi li esporta. E’ il capitalismo, bambole!
C’è sul tavolo ovviamente l’alternativa autarchica: chiudere le frontiere, bloccare i commerci, tornare all’agricoltura ecc. Magari cacciare gli immigrati. Alternativa cara ai fascisti (cfr. la “battaglia del grano”), alla Lega e, in alcuni punti del programma, sembra anche al M5S. Porta alla decrescita economica (cara anche ai verdi “estremi”). Comporterebbe il default (=mancato pagamento) del nostro debito pubblico, e una diminuzione del Pil “alla greca” (20/30%), con conseguenti folle di disoccupati e probabili derive autoritarie.
Storicamente i lavoratori, con il capitalismo, sono stati meglio solo con la crescita del loro potere contrattuale, come detto sopra, cioè con il famigerato sviluppo economico. La decrescita mantiene ricchi i ricchi, e un po’ più poveri i poveri.
C’è poi l’alternativa, nobilissima in teoria, del socialismo. Grazie, abbiamo già dato, si son visti i risultati: la gente voleva consumare di più, e cose migliori, ma soprattutto non voleva che qualcuno decidesse per loro cosa consumare…
Quindi, se capitalismo ha da essere, occorre ammettere che il lavoro dipende dal fatto che i padroni investano e i consumatori consumino, e dal mercato che ne consegue. Con la crisi, occorre che le imprese ricomincino a produrre a pieno ritmo e ad investire, e per questo occorre spesa pubblicaper creare in tempi brevi la domanda dei loro prodotti, rimettendo in moto la macchina infernale. La crescita economica ridurrebbe anche il rapporto debito-Pil, che altrimenti rischia di avvitarsi pericolosamente.
Ma l’Italia, con il mostruoso debito pubblico che ha accumulato, non può fare politiche espansive (cioè di spesa pubblica) da sola: lo spread andrebbe a 1.000, e anche così ci sarebbe il default del debito. Infatti gli effetti positivi della spesa non sono rapidi e non sono certi, se fatti da un solo paese, per di più indebitatissimo, e i nostri creditori non si fiderebbero. Possiamo fare politiche espansive solo insieme all’Europa. Cioè la nostra occupazione alla fine dipende fondamentalmente dalle politiche europee, anche per esportare i nostri prodotti. I mercati, cioè lo spread, sono solo il termometro che ci segnala la malattia: prestereste del denaro a uno che non sembra in grado di restituirlo? Se anche lo faceste, certamente gli chiedereste interessi molto alti, e lo spread è notoriamente questo.
Allora la priorità vera per il lavoro è avere un rapporto solido e influente con l’Europa. E certo questo rapporto non ci sarebbe con Berlusconi al governo (un rischio reale, se si rivotasse a breve con il Porcellum). Ma come reagirebbero i mercati a un governo Bersani-Grillo-Vendola e senza Monti (se pur si riuscisse con inenarrabili fatiche a farlo)? O a un governo debolissimo e ricattabile, se fatto senza Pdl e con qualche grillino “traditore”? Come reagirebbero quelli che ci prestano i soldi ogni paio di mesi per tirare avanti (cioè molti risparmiatori stranieri, ma soprattutto moltissimi italiani)? Mi chiedo se il male minore non sia proprio quello di mandar giù il super-rospo, seguire le indicazioni di quel 40% del Pd che ha votato Renzi, e dialogare con un Pdl senza B: uno scenario molto indigesto davvero.
Ma forse le alternative sono peggio, e occorre muoversi in fretta. Non possiamo dimenticare che con questo voto, anche causa Porcellum, abbiamo un parlamento con una fortissima maggioranza antiberlusconiana, quindi un accordo con il Pdl comunque consentirebbe di proseguire la legislatura con questi numeri e questi rapporti di forza.