È ancora possibile ritirarsi con circa 65 anni di età o 40 anni di contributi, cioè con requisiti meno severi di quelli previsti dalla riforma Fornero. Ma, quasi sempre, bisogna accettare un assegno più basso
Andare in pensione a 65 anni o con circa 40 anni di servizio, indipendentemente dall’età. E’ la possibilità che, almeno sulla carta, hanno ancora alcuni lavoratori italiani, nonostante la riforma previdenziale ideata nel 2011 dal ministro del welfare,Elsa Fornero .
La legge Fornero, per chi ancora non lo sapesse, ha innalzato di colpo l’età di pensionamento, spostandola a 66 anni per gli uomini e per le donne impiegate pubbliche, e tra i 62 e 66 anniper le lavoratrici autonome o per le dipendenti del settore privato (che, in futuro, si adegueranno però ai requisiti dei maschi). In alternativa, sempre secondo la legge Fornero, è possibile mettersi a riposo con la pensione anticipata, cioè con circa 41 anni e mezzo di carriera per le donne e con 42 anni e mezzo per gli uomini, indipendentemente dall’età. A partire dal 2017, tuttavia, chi sceglie il pensionamento anticipato subirà una penalizzazione, cioè un taglio dell’assegno, se sceglierà di mettersi a riposo prima dei 62 anni.
Questo è quanto prevede la riforma Fornero che, tuttavia, ha lasciato aperto uno spiraglio per chi, eventualmente, volesse andare in pensione qualche mese prima (sempre che gli convenga). Per riuscirci, bisogna effettuare la totalizzazione, cioè una procedura che permette di calcolare e di rimettere assieme in un unico fondo dell’Inps tutti contributi versati nel corso della carriera. La totalizzazione è stata creata negli anni passati per quei lavoratori (moltissimi) che hanno alle spalle una vita lavorativa discontinua: si tratta, per esempio, di coloro che hanno iniziato a lavorare come liberi professionisti e poi sono diventati dipendenti (o viceversa). Tutte queste persone, che hanno pagato i contributi a diversi fondi o enti previdenziali, attraverso la totalizzazione possono appunto rimettere assieme l’intera contribuzione e maturare un unico assegno pensionistico erogato dall’Inps.
A RIPOSO PRIMA DEI 60 ANNI.
Chi compie questa scelta, matura il diritto alla pensione di vecchiaia a 65 anni e 3 mesi (e non a 66, come prevede la riforma Fornero) purché abbia alle spalle almeno 20 anni di contributi. Oppure, è possibile mettersi a riposo con il requisito di anzianità di 40 anni e 3 mesi di carriera, indipendentemente dall’anagrafe: chi ha iniziato a lavorare molto presto, per esempio, può ritirarsi anche prima di aver compiuto 60 anni. Va ricordato, tuttavia, che chi possiede questi requisiti deve comunque sottostare al sistema delle finestre mobili, introdotto dall’ex-ministro del welfare, Maurizio Sacconi. In pratica, dopo aver maturato il diritto alla pensione, il lavoratore deve trattenersi al lavoro ancora per un po’ e attendere un periodo di 18 mesi prima di ritirarsi (12 mesi per alcune categorie di lavori usuranti). Dunque, chi ha 40 anni e 3 mesi di carriera, di fatto può mettersi a riposo dopo aver superato la soglia di 41 anni e 9 mesi. Nel caso degli uomini, si tratta di una soglia di uscita leggermente più bassa di quella prevista oggi dalla legge Fornero per le pensioni anticipate (42 anni e mezzo circa). Per le donne, invece, non c’è molta convenienza visto che, con la nuova legge previdenziale, le lavoratrici posso congedarsi anticipatamente attorno ai 41 anni e mezzo.
IL METODO CONTRIBUTIVO.
Non va dimenticato, tuttavia, che chi sceglie la totalizzazione paga comunque un prezzo (che, in alcuni casi, può rivelarsi molto salato). Chi opta per questa procedura, infatti, avrà la pensione calcolata interamente con il metodo contributivo: in altre parole, l’ammontare dell’assegno dipenderà soltanto dalla quantità dei contributi versati e non, come avviene per i lavoratori assunti prima del 1996, con il vecchio e più vantaggioso sistema retributivo (cioè sulla media degli ultimi stipendi percepiti prima di mettersi a riposo). Applicando il metodo contributivo, dunque, l’assegno maturato potrebbe ridursi notevolmente (anche del 50%), soprattutto se il lavoratore ha avuto una carriera brillante e ha percepito redditi alti prima del pensionamento.
In definitiva, la totalizzazione e la scelta di andare in pensione prima potrebbe rivelarsi conveniente (ma il condizionale è d’obbligo) soprattutto per una categoria di “aspiranti pensionati”: gli uomini chehanno iniziato a lavorare molto presto, hanno svolto mestieri diversi nel corso della vita e hanno superato i 40 anni di carriera, dopo aver versato moltissimi contributi (tali da assicurare una buona pensione anche con il metodo contributivo). Per avere una risposta definitiva sulla convenienza o meno della totalizzazione, però, è bene rivolgersi a un patronato che, conti alla mano, può valutare nel dettaglio ogni situazione, caso per caso.