Per salvare il governo dai contraccolpi della condanna di Berlusconi, Letta ha continuato per giorni a dichiarare che il governo non poteva cadere proprio nel momento in cui si sta superando la crisi; quando però vengono tagliati gli stipendi, il governo dichiara che “sussistono condizioni di eccezionalità”e che il provvedimento “si rende necessario per la particolare contingenza economico-finanziaria”.
E a pagare sono i soliti: i dipendenti pubblici!
In una sorta di gioco delle tre carte,il governo non solo si riprende senza contropartite un anno di blocco degli scatti, ma lo raddoppia!
In base al confronto tra le tabelle stipendiali e il FOI (indice Istat dei prezzi per famiglie, operai e impiegati) dal 1990 al 2013 un dipendentepubblico con 20 anni di servizio ha perso mediamente il 28,5% di potere d’acquisto, corrispondenti a una perdita lorda mensile di 460 € .
Il taglio dei salari reali non solo è iniquo, ma è dannoso per l’economia nazionale e per gli stessi conti pubblici. Infatti, tagliare i salari reali comprime la domanda interna di beni e servizi, che a sua volta riduce la produzione, l’occupazione e, di conseguenza, lo stesso gettito fiscale. I governi di centro destra, di centro sinistra e di larghe intese continuano imperterriti e senza soluzione di continuità a portare avanti una politica di austerità che stritola l’economia, i diritti dei lavoratori e i servizi pubblici in un circolo vizioso: è dall’inizio della crisi che ogni manovra è il presupposto per una nuova manovra, costituendo il problema e non la soluzione.
Anche per questo è del tutto inaccettabile che qualcuno in rappresentanza dei lavoratori si sieda ad un tavolo di contrattazione della sola parte normativa che in questa congiuntura risulterebbe peggiorativa unendo così il taglio dei diritti al taglio degli stipendi.